Siamo geni, non matti: le abitudini delle grandi menti!

Lo sai che ci sono ragazzini che riescono ad imparare 5 linguaggi di programmazione in alcuni mesi? Geni!

Siamo geni, non matti: le abitudini delle grandi menti!

Quelle che apparentemente sembrano bizzarrie da star, manie da prima donna, sono invece delle personali abitudini dettate da un solo desiderio: mantenere alta la creatività. Prima ancora che fantasia e inventiva, creatività significa impegno, disciplina, metodo e abnegazione. Il mito dell’illuminazione improvvisa, quella che ti coglie quando meno te l’aspetti, è stato negli anni rivisto e corretto. Le “lampadine” spuntano ancora nei momenti più inattesi, ma non sono il frutto di una capacità creativa divina o congenita, bensì il risultato di un profondo e attento lavoro di preparazione.

In questa fase, tutti noi abbiamo delle abitudini più o meno particolari. Dal mangiarsi le unghie alla sigaretta dopo il caffè, dai maniaci della pulizia e chi non sopporta di vedere un letto sfatto. Ci sono, però, alcuni scrittori, scienziati, studiosi che di manie ne avevano, e pure strane! Si sono tutti distinti nei loro campi di appartenenza. Qualche prova interessante? Eccole qui alcune curiosità divertenti sui grandi geni del passato:

Il piccolo Albert Einstein aveva difficoltà di linguaggio che preoccuparono non poco i suoi genitori. Col senno di poi disse che il suo sviluppo più lento rispetto a quello degli altri bambini, gli aveva dato più opportunità di osservare gli elementi fondamentali della vita, come lo spazio e il tempo. In quanto a bizzarrie non era secondo a nessuno. Il suo autista Stanley Cohen, nel libro Il mio tempo con Einstein ha raccontato che amava suonare Mozart al violino durante le escursioni di birdwatching. E il solo ascolto della musica lo commuoveva fino a farlo piangere.

Nonostante la sua produzione letteraria di Agatha Christie conti ben 66 romanzi polizieschi e 14 raccolte di racconti, la grande giallista non sapeva cosa fosse una scrivania. Non ha mai avuto un ufficio, e Assassinio sull’Orient Express, per esempio, lo scrisse in una camera d’albergo. Ma in realtà scriveva ovunque le venisse voglia: in cucina, in camera da letto, in viaggio. E per comporre i suoi famosi romanzi spesso usava un procedimento inverso, descrivendo prima la scena del delitto, con i dettagli e poi tutto il resto, protagonisti inclusi.

Per scegliere i suoi ricercatori, Thomas Edison aveva un metodo infallibile: chiedeva loro di mangiare una ciotola di zuppa. Quelli che aggiungevano il sale prima di provarla, erano fuori: il test infatti mirava a eliminare coloro che partivano prevenuti. Ma se i suoi collaboratori non dormivano sonni tranquilli, neppure lui se li concedeva: praticava il sonno polifasico, dormendo diverse volte durante la giornata per poco tempo in modo da essere più produttivo.

Sigmund Freud, il padre della psicanalisi e delle moderne neuroscienze, viene spesso ritratto con un sigaro tra le dita. Non è un caso. La verità è che fumava quasi continuamente finché un amico medico lo ammonì che fumare tanti sigari avrebbe potuto causargli un’aritmia cardiaca pericolosa. Freud provò a smettere, ma senza successo. La mancanza di sigari gli provocò una grave depressione. Ma il tabacco non era l’unico vizio: apprezzava anche la cocaina, che non esitava a definire “una sostanza magica”. A sua discolpa va detto che nel 1884, quando pubblicò l’articolo nel quale decantava i benefici della cocaina, i suoi effetti tossici non erano del tutto noti (gli Stati Uniti, per esempio, la bandirono ufficialmente solo nel 1922).

Lo stakanovismo di Nikola Tesla era leggendario: arrivava a lavorare anche 20 ore al giorno, dormendo le altre 4. Queste abitudini gli provocarono un crollo mentale precoce (a 25 anni). Ma quando si riprese, continuò con lo stesso stile di vita anche in età avanzata, senza pause. Aveva due grandi idiosincrasie: le donne in sovrappeso e i gioielli (in particolare le perle).

Yoshiro Nakamatsu, l’inventore del floppy disk, detiene circa 3.300 brevetti. Ma Yoshiro Nakamatsu, nato in Giappone nel 1938, ha un processo creativo al limite del pazzesco. Per avere una nuova idea è solito immergersi in apnea e aspettare di essere sul punto di morire. È quello il momento migliore per partorire le idee migliori, «mezzo secondo prima di morire, perché il mio cervello beneficia della mancanza di ossigeno» . Un altro luogo stimolante è la toilette, ma questo aspetto è meno originale. Certo, Nakamatsu se ne è costruita una completamente d’oro!

Bobby Fisher non aveva neppure 30 anni quando nel 1972 vinse il campionato del mondo di scacchi. Ma la vittoria non gli fu di buon auspicio: di carattere poco socievole e polemico, si ritirò a vita privata e smise di giocare per vent’anni. Tornò alla scacchiera nel 1992, nella ex Jugoslavia in guerra, violando l’embargo dell’ONU e in aperta polemica col governo degli Stati Uniti. La cosa gli costò un’incriminazione e un mandato di arresto che lo spinse a non tornare più in patria. Quella stessa patria che nel 72 aveva rappresentato al tavolo di scacchi su invito del segretario di stato americano Henry Kissinger. Gli psicologi si sono interrogati a lungo sul suo genio ribelle e sono giunti alla conclusione che Fischer, morto nel 2008, soffrisse di sindrome di Asperger un disturbo dello sviluppo, imparentato con l’autismo, che può portare a isolamento e problemi di comunicazione.

E come dimenticare Picasso: dipingeva solo di notte e fumava tre pacchetti di sigarette al giorno. Morì a 92 anni.

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